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Caro Italiano perdere non è una questione di metodo

Italiano allenatore Bologna.jpg

Dopo tre finali e tre sconfitte il tecnico del Bologna vince il primo trofeo della sua carriera

Alzi la mano chi non ha pensato che se Vincenzo Italiano avesse perso anche la finale di Coppa Italia contro il Milan dopo le tre di fila perse con la Fiorentina avrebbe potuto sventolare il vessillo che perdere è una questione di metodo.
E sì, <strong>scomodiamo Santiago Gamboa col suo detective Victor Silampa</strong>, protagonista del romanzo ‘Perdere è una questione di metodo’. Perché, inutile non ricordarcelo, quando non sei un predestinato vincere significa che hai sudato più degli altri, hai dovuto fare metri più degli altri, hai dovuto calciare più degli altri, rischiando le coronarie a ogni sussulto, perché semplicemente non sei abituato a vincere. Sei solo abituato a perdere. <strong>Attenzione, non sei uno scarso. Sei uno che sta là, che fa parte del sistema</strong>, conosce le regole del gioco, ma sai che c’è sempre qualcuno più bravo, capace e fortunato di te. Non è nemmeno colpa tua. È la vita che ha un orologio tutto suo, con lancette meno nobili rispetto ad altre, finché capisci che quando non si vince si impara. E allora provi a vincere anche tu. Ecco, a Vincenzo Italiano sulla panchina del Bologna è successo che ha vinto anche lui, trionfando in Coppa Italia. Italiano forse rappresenta una certa italianità (nome omen, direbbe qualcuno, ma va là), nel senso che potrebbe raffigurare quella scritta griffata sui muri di provincia in cui viene dichiarato amore eterno, calcisticamente cianciando, con il classico ‘ti amerei anche se dovessi vincere’.
<strong>Italiano ha superato col suo Bologna il Milan per 1-0, aggiudicandosi la Coppa Italia</strong>, un trofeo che ai rossoblù mancava da 51 anni, mentre per lui è il primo assoluto. Ma perché perdere è una questione di metodo anche quando si è lì, vicini, ma molto vicini a vincere? Lo scorso anno Italiano sembrava che fosse pronto a prendersi la rivincita dopo aver perso la finale della stagione precedente, sempre in Conference, il torneo europeo un po’ più scarso, quello dove i gol all’incrocio passano sotto le gambe dei portieri per intenderci: <strong>e invece la Fiorentina, dopo essere stata superata nel 2023 dal West Ham in finale, ha perso pure contro l’Olympiakos</strong>, facendo scrivere per la prima volta tra i vincitori di un trofeo continentale il nome di una squadra greca. Ah, Italiano, sempre sulla panca della Viola, sempre l’anno precedente, aveva perso anche la finale di Coppa Italia, contro l’Inter. Tre su tre. Be’, perdere è una questione di metodo, dicevamo.
Vabbè, poco importa, col Bologna ecco che Italiano ha cancellato quelle tre sconfitte amare. Eppure, l’amarezza, Italiano, quel perdere è una questione di metodo, ma che ti tempra, lo conosce sin dagli esordi. Quando era un giocatore, per intenderci. È il febbraio 1997, ha 19 anni, l'allenatore del Verona Luigi Cagni lo fa esordire in Serie A, proprio contro il Bologna. <strong>Finisce 6-1. Per i rossoblù. Poco male, direte, c’è tutto il campionato per rifarsi. Come no</strong>. Il Verona retrocede in B. Vabbè, lui è giovane, ha tutto il tempo di prendersi le sue rivincite. Certo, nel 98/99 vince con Cesare Prandelli la B con la maglia del Verona, torna in A ma saltano dopo poche partite i legamenti del ginocchio, condizionandogli un paio di stagioni. Italiano stringe i denti, del resto è emigrante di ritorno, lui che è nato a Karlsruhe, in Germania, da genitori siciliani, così torna più cazzuto di prima: arriva il novembre 2000, il Verona gioca a San Siro, <strong>Italiano sceglie per il primo gol in serie A il tempio del calcio, purga il portiere dell’Inter e va a festeggiare dai tifosi, solo che per l’esultanza si becca il secondo giallo, così viene espulso.</strong>
A Verona è vero che vive grandi stagioni da protagonista (porterà anche la fascia di capitano) ma a un certo punto cambia aria, viene venduto al Genoa che sta tentando di tornare in serie A: il grifone stravince il campionato ma viene retrocesso per illecito sportivo e si ritrova addirittura in serie C1. Ma la massima serie Italiano se l’è guadagnata lo stesso, tanto che torna a giocare a Verona ma sponda Chievo, peccato che però i clivensi retrocedano in serie B.
Nel 2010/11 è in B, a Padova, diventa capitano ma s’infortuna un po’ dappertutto (costole incrinate, stiramento alla coscia, distorsione alla caviglia), eppure i veneti arrivano in finale per andare in serie A contro il Novara. Ma perdono. Non solo, <strong>scoppia un caso di calcio scommesse e viene tirato in ballo anche Italiano, prima viene squalificato poi anni dopo verrà assolto</strong>. Nell’attesa, s’allena col Perugia (è il 2012/13, siamo in serie C), gioca poco e perde la semifinale playoff contro il Pisa. L’anno dopo è triste, solitario e finale come il precedente, va nella nebbia di Lumezzane, sempre in terza serie, ma la gloria non c’è. Quindi, a fine stagione prende la decisione di smettere e di cominciare come allenatore. In panchina, a Trapani riporta subito i siciliani in B, addirittura sedendosi sulla panca dello Spezia riporta le aquile in A per poi l'anno successivo salvarli. Poi, le tre stagioni di Firenze. E ora la prima panchina sul Bologna. Dove, finalmente, da ieri ha cominciato a vincere, dopo aver imparato a perdere.
22 Maggio
Foto: fcbologna
Autore
Gian Luca Campagna

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