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I valori calpestati, la vita e la morte

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Il lutto curioso e la protesta senza polemiche clamorose del Lecce dopo la morte del suo fisioterapista

Amo il calcio, la sua socialità, quello che sa esprimere in ogni latitudine, restando un linguaggio universale. Jorge Luis Borges, il grande poeta argentino, era solito dire che il calcio ricomincia ogni volta dove un bambino prende a calci un pallone o qualcosa di rotondo. È la felicità del bimbo che dà sfogo alla sua esuberanza, alla sua creatività, alla sua gioia. Quando si diventa adulti abita ancora dentro di noi una porzione di fanciullino, il calcio ha un posto speciale nel cuore, appartiene a quella franchigia delle emozioni che non si può spiegare, che ti fa esultare anche per un’autorete avversaria al 90° e che ti fa dire oltre ogni ragionevole dubbio “ti amerei anche se dovessi vincere”.
Anche gli jugoslavi, che non sono mai stati culturalmente teneri, erano soliti dire che “puoi cambiare moglie, religione, partito ma non puoi cambiare la squadra di calcio”, stante a significare una certa sacralità. Anche Pier Paolo Pasolini, visionario dell’arte e della vita, restava convinto che soltanto il calcio manteneva un suo rito collettivo rispetto a una certa frenesia del consumismo e a una certa ipocrisia della Chiesa.
Insomma, il calcio a volte insegna poesia. Descrive e intende una certa pietas. La pietas sia come la intendiamo noi nel sentimento della misericordia verso i nostri simili, sia come la intendevano i nostri avi, quel senso di dovere verso i genitori, gli dei e gli uomini in genere. E a questo ho pensato con una punta di malinconia domenica sera quando ho assistito ad Atalanta-Lecce, serie A italiana, quando ho visto i giallorossi pugliesi scendere in campo con una maglia immacolata, pura, bianca, con il simbolo del lutto e una scritta decorosa che campeggiava al centro ‘nessun valore nessun colore’. Una polemica intelligente, colma di sentimento, perché la vita è la morte e la morte è la vita, sono un Giano bifronte, sono l’alternarsi del giorno con la notte e l’alba che rincorre in eterno il tramonto. Ma perché questa polemica? Cosa era accaduto? Il Lecce durante la settimana è stato colpito da un grave lutto, ha perso il 43enne fisioterapista Graziano Fiorita, 26 anni di onorata carriera con quella società, ed ha chiesto di rinviare il match per onorare al meglio la scomparsa di quell’uomo che amava la vita e il calcio.
Il Lecce ha diramato un comunicato spiegando il motivo di giocare con quella maglia bianca macchiata dal lutto.
Eccolo: "L'U.S. Lecce ritiene che la decisione della Lega di recuperare la gara con l'#Atalanta a poche ore di distanza dalla scomparsa del nostro #Graziano #Fiorita sia terribilmente irrispettosa del grave lutto che ha colpito la famiglia del ragazzo, la società e i tifosi del Lecce. In altri casi, altrettanto dolorosi, sono state prese decisioni più ragionevoli. Emerge una gerarchia della morte in base al blasone della società colpita o, peggio ancora, in considerazione del ruolo rivestito da chi viene a mancare. Il "gruppo squadra", per chi conosce il calcio, rappresenta una bolla fuori dai riflettori, dove le figure meno appariscenti possono essere trainanti esempi virtuosi. Era così per il nostro Graziano, che per 26 anni ha prestato servizio nel Lecce e che, per quanto ci riguarda, continuerà a farlo, almeno finché ci sarà questa proprietà.
Graziano Fiorita è deceduto mentre era in ritiro con la squadra, lontano da sua moglie e dai suoi 4 figli e ancora giace a migliaia di chilometri di distanza da casa, in attesa che il magistrato ne autorizzi il ritorno. Questa gara non andava disputata oggi, ma tutti i tentativi di rinviarla sono stati cinicamente rigettati. Si ringrazia il Ministro dello Sport Andrea Abodi che fino all'ultimo, ma senza successo, ha tentato di far disputare la partita in una data più consona. La squadra si presenterà regolarmente in campo nonostante sia partita dal Salento soltanto oggi, nella speranza, fino all'ultimo, di un ripensamento mai arrivato. La memoria di Graziano non si onora non presentandosi in campo o facendo giocare la Primavera. A una grave ingiustizia non si risponde violando platealmente le regole, come se per onorare Graziano si debba intraprendere una gara, tra noi e la Lega, a chi fa peggio. Giocheremo la partita "dei valori calpestati", ma lo faremo indossando una anonima casacca bianca, che non ci rappresenta, senza colori, stemmi e loghi. Torneremo a vestire la nostra maglia quando Graziano ritornerà a casa e sarà omaggiato, come merita, dalla sua gente”.

E ora? Ora la Lega di serie A di sicuro comminerà qualche multa perché non si può scendere in campo con una divisa non autorizzata. Però, ragazzi, ne è valsa la pena, anche una piccola grande ribellione può ribadire che di fronte alle regole del diritto positivo, di qualsiasi ordinamento, la vita e la morte valgono più di norme e dei soldi.

29 Aprile
Autore
Gian Luca Campagna

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