I monarchici contro l'autonomia
Il movimento Umi insorge: 'siamo terrorizzati, a rischio pure la lingua italiana'
Non solo le opposizioni contro il ddl Calderoli sull'autonomia differenziata. A farsi sentire sono anche i monarchici dell'Umi, l'Unione monarchica italiana, che si dice preoccupata, rivendicando la "fedeltà all’unità della Nazione". "Sono terrorizzato", dice il presidente dei nostalgici della Corona, Alessandro Sacchi, avvocato civilista del Foro di Napoli. "Si comincia così - attacca - e parlo da italiano, non da sudista, parlo piuttosto da risorgimentale e unitario". "Quelli che stiamo vedendo sono i prodromi della disgregazione dello Stato unitario, che ora davvero non sappiamo dove andrà a finire", dice con grande enfasi.
Per il leader dei monarchici italiani "con l'autonomia cosa finirà per fare una regione più ricca? Penso che potrebbe alla fine dire, ora noi ce ne andiamo, basta con lo Stato unitario". Per Sacchi "siamo di fronte al rischio di tornare davvero indietro, di arretrare rispetto allo stesso Risorgimento, visto che "ci saranno regioni che dedicheranno meno risorse alla Istruzione e alla stessa Sanità". "Questi - dice rivolto all'attuale esecutivo, alla Meloni e ai leghisti - vogliono vanificare le conquiste risorgimentali, per assecondare le esigenze di pancia di un certo elettorato" stanno facendo passare "provvedimenti che minano il cemento che tiene assieme un popolo".
Sacchi torna indietro con la memoria, ricordando la storia di questo paese e la lezione di Alessandro Manzoni: "L'autore dei 'Promessi sposi' presiedette la commissione nazionale per l'unificazione della lingua, dopo l'unità d'Italia e scelse il toscano perché era l'unico dialetto che si parlava come si scriveva", racconta con riferimento all'incarico dato dal ministro dell'istruzione Broglio allo scrittore milanese nel 1868, con l'obiettivo di arrivare a una lingua del popolo italiano.
"Manzoni - insiste Sacchi - voleva dare una lingua comune, la lingua della nazione, degli italiani". "Gli italiani che già esistevano ma che non era ancora una nazione", spiega Sacchi che chiama in causa anche Dante perché già ai suoi tempi lui poteva scrivere 'Ahi serva Italia, di dolore ostello', proprio perché esisteva già il nostro paese, ma non era ancora una nazione, cosa che fu possibile grazie al Risorgimento, che fu la rivoluzione che trasformò il popolo in una Nazione". L'interrogativo aleggia: "Che ne sarà della lingua italiana che fu impegno dello Stato unitario diffondere, su sollecitazione di Alessandro Manzoni, ovunque, dalle Alpi al Lilibeo, come espressione dell’unità del Paese?".
Il pensiero torna ai giorni d'oggi, con il rimpianto di non aver un Re garante dell'unità: "In Spagna - dice - è stato possibile fare le 'generalidat', perché la coesione la garantisce il sovrano, così in Belgio. Qui temo che non basterà Mattarella, la cui rielezione è una sconfitta del sistema repubblicano, che è incapace di rinnovarsi...".
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