I pomodori sono una miniera di sostanze antiossidanti
Uno studio mostra come le sostanze antiossidanti restino nella buccia e nei semi
Un'indagine condotta da ENEA e dall'Università della Tuscia ha rivelato un'alta concentrazione di molecole benefiche nei residui della lavorazione del pomodoro. Pubblicati sulla rivista Food Chemistry, i risultati dello studio confrontano per la prima volta le proprietà nutrizionali e funzionali delle sanse di pomodoro, cioè buccia e semi, che rappresentano il 20% del peso, derivanti dalle varietà San Marzano e Sun Black, quest'ultima notevole per la sua pigmentazione viola, e dalla variante Colorless fruit epidermis con buccia trasparente.
"Abbiamo dimostrato che è possibile ricavare da questi scarti una polvere di pomodoro nutrizionalmente paragonabile a quelle commerciali, ma arricchita di molecole bioattive antiossidanti, quali flavonoidi e antociani, riconosciute per la loro efficacia nella prevenzione di gravi patologie e dell'invecchiamento precoce", afferma Maria Sulli del laboratorio ENEA Biotecnologie Green, coautrice della ricerca insieme al collega Gianfranco Diretto e a Barbara Farinon, Martina Felli, Daniele V. Savatin, Andrea Mazzucato, Nicolò Merendino e Lara Costantini dell'Università della Tuscia.
Tra le varie sanse esaminate, quella del pomodoro Sun Black ha mostrato una ricchezza di composti benefici (quali antociani e flavonoidi in generale, con percentuali che oscillano tra il 16,5% e il 36,5% in più rispetto ad altre varietà analizzate), rendendola particolarmente adatta come ingrediente funzionale in prodotti come pasta, pane e biscotti, grazie alla sua capacità di arricchirli con molecole antiossidanti, fibre alimentari e minerali. "Le polveri di pomodoro che abbiamo ottenuto dalle sanse presentano caratteristiche significative che potrebbero migliorare il profilo nutrizionale e antiossidante di molti prodotti alimentari disponibili sul mercato. Attualmente stiamo esaminando la loro integrazione in vari alimenti e la loro efficacia in vivo attraverso uno studio clinico," afferma Lara Costantini del laboratorio di Nutrizione Cellulare e Molecolare dell'Università degli Studi della Tuscia, coordinatrice del progetto.
Nella ricerca, gli scienziati hanno anche valutato l'efficacia potenziale degli estratti ottenuti dagli scarti contro il batterio P. syringae e il fungo F. graminearum, noti per i danni che arrecano alle colture di pomodoro. "Dato che in agricoltura c'è un urgente bisogno di alternative sostenibili per il controllo delle malattie causate da fitopatogeni e considerando che i fenoli possono esercitare attività antimicrobica e antimicotica, prevediamo di valutare in studi futuri un loro possibile impiego come biopesticidi," evidenzia Sulli. "È stato inoltre dimostrato che l'accumulo di antociani sulla buccia diminuisce la vulnerabilità dei pomodori al fungo Botrytis cinerea, uno dei principali patogeni post-raccolta, assicurando una maggiore longevità del frutto," conclude Sulli.
Il pomodoro, elemento fondamentale della dieta mediterranea, può essere gustato sia fresco che trasformato. Oltre la metà del raccolto di pomodori è destinata alla trasformazione in prodotti come passate, salse, purè, ketchup e conserve, producendo milioni di tonnellate di sottoprodotti a livello mondiale. Questi residui, ricchi di composti benefici, potrebbero essere reimpiegati come ingredienti funzionali, promuovendo l'economia circolare. Tale pratica si allinea con l'iniziativa Farm to Fork (F2F) dell'Unione Europea, che punta a ridurre del 50% lo spreco alimentare entro il 2030.
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