I terrazzamenti come una risorsa per l'ambiente
Il mantenimento in buono stato dei muri in pietra a secco costituisce il primo antidoto contro le alluvioni e le frane, non solo contengono la terra e il suolo
Stiamo assistendo ad un evento che non si presentava da 70 anni, l'Italia rischia lo stato di emergenza per la siccità. Nel Centro, il Tevere rallenta il suo corso, diventando a tratti paludoso, raggiungendo anche 1,5 m sotto i livelli medi, nella stessa situazione si presentano anche gli altri fiumi e i laghi del nostro Paese.
Tutto ciò provoca inevitabilmente una situazione critica dal punto di vista ambientale e gli scenari del prossimo futuro prevedono che la crescente frequenza di eventi di siccità estrema causerà gravi perdite di raccolto, fattore che minaccia la sicurezza alimentare.
Nel contesto che ci troviamo ad affrontare, rispetto all'ecosistema, dovremmo sempre tener presente la fortuna di possedere un certo tipo di territorio, ricco di risorse da sfruttare, per un nostro ritorno vantaggioso senza però recare danno alla Natura. Invece siamo artefici dei disastri ai quali assistiamo con preoccupante frequenza, dalle alluvioni alle frane, in parte dovuti ai cambiamenti climatici e in parte alle scelte di sfruttamento non rispettose del territorio e prive di una corretta pianificazione.
Pensando al nostro paesaggio, non possono non venirmi in mente quelli che da sempre sono stati una delle nostre azioni pianificatrici più efficaci, sia a livello strutturale che logistico, per lo sfruttamento del territorio: i terrazzamenti.
Questi sono ricavati scavando, in piano, parti collinari poi delimitate da muri di pietra, costruiti a secco e poggiati sulla roccia viva, che sostengono il terreno formando una sorta di scalino.
In questo modo anche le colline più ripide diventano utilizzabili, in agricoltura, per le coltivazioni, mentre in urbanistica, un terreno scosceso può essere reso adatto alla costruzione di edifici, piazze o strade.
In Italia i terrazzamenti fanno parte della nostra cultura più profonda e costituiscono un elemento caratteristico del paesaggio da Nord a Sud: esistono prove dell’esistenza di terrazzamenti già in epoca preistorica e protostorica, ma di paesaggio agrario vero e proprio tuttavia non si può parlare prima della colonizzazione greca e del sinecismo etrusco. Riguardo al paesaggio terrazzato in particolare, si ricordano testimonianze a Velia in Magna Grecia (Campania).
Nel corso del XVIII secolo e per tutto il XIX si fa più forte l’esigenza di sistemazione in colline e montagne, per la coltivazione, a causa dell’aumento demografico e si viene formando sulle Alpi, sugli Appennini e in tutta l’Italia collinare, quel paesaggio agrario a ciglioni e terrazzamenti che caratterizza oggi il nostro Paese.
Nei sistemi terrazzati tutto il territorio è organizzato basandosi sull’uso della pietra, anche i centri abitati. Troviamo resti di mulini a vento e torri di avvistamento, lavatoi, piccole edicole che ci rimandano al culto locale della Madonna o di qualche particolare santo, strade costruite di acciottolato, ma anche pavimenti a mosaico fatti con i diversi colori di ciottoli, che hanno contribuito a dare un volto ai nostri paesini.
Un processo irreversibile di abbandono delle campagne si è iniziato a verificare già con la Rivoluzione Industriale e il fenomeno dell’inurbamento perdura fino ai giorni nostri, la coltivazione su terrazze risulta poco conveniente e le campagne vengono lasciate a pochi abitanti anziani o abbandonate, senza considerare però che i terrazzamenti agricoli possono fornire servizi ecosistemici molto importanti, che potrebbero essere in grado di mitigare aspetti del cambiamento climatico.
Viene spontaneo domandarsi. per quale motivo, invece di costruirne muri di contenimento in cemento più veloce e più “moderno”, bisognerebbe conservare quelli già preesistenti?
Esistono molteplici ragioni. Il mantenimento in buono stato dei muri in pietra a secco costituisce il primo antidoto contro le alluvioni e le frane, non solo contengono la terra e il suolo, ma servono anche da filtraggio e da trattenimento dell’acqua di ruscellamento superficiale, diluendola nel tempo e distribuendo nello spazio la sua portata, cosa che un muro in cemento non è in grado di fare, per quanto si prevedano fori per lo scolo.
Il muro in pietra a secco è un organismo vivo, che ben si adatta al terreno ed è in grado di contribuire al mantenimento della biodiversità locale, ospita una ricca fauna e flora che non trova invece alcuna possibilità di vita in un muro in cemento.
Si integra perfettamente nel contesto paesaggistico, in quanto utilizza le pietre del luogo con i suoi colori e le sue caratteristiche. Per la sua costruzione, poiché utilizza i materiali del luogo, non richiede scavi nella collina per strade di accesso alle betoniere e per la fornitura dell’acqua per impastare il cemento.
I terazzamenti con muri a secco sono risorse per la sicurezza alimentare e la biodiversità.
Infatti le aziende agricole con tali terrazzamenti immagazzinano un terzo in più di materia organica nel suolo, rispetto alle aziende con pratiche agricole convenzionali. La costruzione di terrazze artificiali sui pendii per la coltivazione è considerata l’unico paesaggio progettato dall’uomo che abbia un impatto modificante tutti i fattori paesaggistici di un’area, poiché migliora l’assorbimento delle precipitazioni, riduce l’erosione del suolo, mitiga temperature estive estreme e abbatte anche il rischio di inondazioni e incendi boschivi, aumentando al contempo la resilienza sociale e la sicurezza alimentare a fronte di un cambiamento ambientale.
Al paesaggio terrazzato sono stati attribuiti grandi riconoscimenti per la straordinarietà, dall’UNESCO, in particolare alle Cinque Terre e alla Costiera Amalfitana, senza trascurare le altrettanto importanti e numerosissime aree terrazzate presenti nei territori alpini, appenninici ed insulari dove questo sistema esiste da secoli. Al terzo Congresso Mondiale dei Paesaggi Terrazzati (Ottobre 2016) che si svolge in Italia, dopo Cina e Perù, si è discusso sulle modalità di tutela e conservazione dei terrazzamenti poiché abbandonare questa cultura significherebbe una “banalizzazione” del territorio che perderebbe la sua valenza paesaggistica e culturale per fare spazio a interventi errati e interessi speculativi.
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