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Caso, Berardi, Caprari e la magia offuscata del numero 10

Pele

C’era una volta una maglia indossata da colui capace di accendere il gioco e la fantasia

C’erano una volta Baggio, Mancini, Totti, Del Piero solo per menzionarne alcuni, e solo italiani; i primi che vengono in mente pensando ai grandi numero 10 della Serie A poco prima del 2000 (stagione 1997/98 per la precisione). Perché il numero dieci non è un numero come gli altri, bensì quello che porta sulle spalle il giocatore più talentuoso della squadra; quello capace di accendere la fantasia dei tifosi così come di accendere la propria squadra con una giocata che cambia le sorti della gara.

È il numero del voto più alto a scuola, quello del fantasista, del trequartista che sfodera la giocata decisiva ed apre la via del gol o il gol lo segna proprio lui.

Il più famoso, il più cercato, quello cui i bambini chiedono l’autografo sul poster che avevano attaccato in cameretta, quelli le cui magliette erano le più vendute e anche le più contraffatte.

Una volta era così, oggi non più.

Una volta i 10 migliori giocavano tutti in Italia, nella nostra Serie A. Anche contemporaneamente tanto da contendersi la maglia numero 10 della Nazionale dividendo la tifoseria tra quelli che preferivano uno e quelli che preferivano l’altro e con loro c’erano i 10 migliori del Mondo.

Prendiamo ad esempio la serie A della stagione 1997-98, quella che culminerà con i Mondiali di Francia ‘98 dove gli azzurri, superato il girone, vengono buttati fuori ai rigori nel primo turno ad eliminazione diretta, contro la Francia che poi vincerà il titolo.

In quella Serie A, per intenderci, Roberto Baggio, ormai vicino alla fine della sua carriera, è il numero 10 del Bologna. Quello dell’Atalanta è Cristiano Doni. La Fiorentina ha un 10 straniero che risponde al nome di Manuel Rui Costa. L’Inter di Moratti punta tutto su Ronaldo il Fenomeno, risposta nerazzurra al numero 10 della Juventus che è Alessandro Del Piero. Nella Lazio di Cragnotti il numero 10 è sulle spalle di Roberto Mancini mentre anche il Milan guarda all’estero e riserva la sua 10 a Dejan Savicevic. Nel Napoli, con il 10 c’è Igor Protti, già capocannoniere della Serie A con il Bari. A Piacenza c’è Giovanni Stroppa e a Udine, Tomas Locatelli. Dulcis in Fundo, la numero 10 della Roma è sulle spalle di Francesco Totti.

Veniamo così ad oggi, alla nostra Serie A sempre più bistrattata, condizionata dai conti in rosso di tante squadre, spezzettata e spalmata su tutti i giorni e tutte le ore che perde appeal e competitività rispetto agli altri maggiori campionati europei e si porta appresso la Nazionale.

Una Nazionale che ha fallito la qualificazione agli ultimi due Mondiali e che ora addirittura rischia di restare a guardare anche gli Europei.

Il primo dato riguardo il numero 10 è che quattro squadre non l’hanno assegnato e sono Empoli, Genoa, Napoli e Roma (che hanno scelto di tenerlo in bacheca in onore di Maradona e Totti).

Sfogliando gli altri organici, gli unici che accendono la fantasia sono il 10 del Milan, Rafael Leao e quello della Lazio, Luis Alberto. La fantasia potrebbe accenderla anche il 10 della Juventus, Paul Pogba se non fosse che da più di un anno passa più tempo in infermeria che non in campo.

Pogba, Leao e Alberto sono però tutti stranieri così come stranieri sono i numero 10 di Atalanta (El Bilal Tourè), Fiorentina (Nicolás González), Torino (Nemanja Radonjic), Bologna (Jesper Karlsson)

Udinese (Gerard Deulofeu), Salernitana (Boulaye Dia), Verona (Ajdin Hrustic), Lecce (Rémi Oudin).

E gli italiani? Nel Sassuolo, Domenico Berardi; nel Monza Gianluca Caprari e nel Frosinone Giuseppe Caso.

E per la Nazionale? Sono dolori. 

1 anno fa
Autore
Luca Morazzano

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