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Qatar22: Quelle esultanze che ci fanno tornare bambini

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Sia Brasile-Croazia che Argentina-Olanda terminano ai tiri di rigore: ma quanto è diverso il modo di gioire

Due modi diversi di intendere la vita e il calcio, e così le reazioni emotive. Prendete ad esempio le due partite dei quarti di finale di ieri, che a ragione entreranno nella storia del calcio mondiale. Entrambe finite ai rigori, dopo una lezione tattica (Brasile-Croazia) e dopo una girandola di emozioni (Argentina-Olanda). L’estensione, lo snodo, i punti di frattura diventano una miniera di ispirazione nel momento calcistico dei tiri di rigore, quando le tensioni divorano anche i più grandi campioni e rendono caparbi i timorosi. Ai tiri di rigore non si tifa, soprattutto quando sei uno spettatore non invitato al grande banchetto del calcio, però è naturale avere qualche simpatia, soprattutto di natura letteraria, e quindi tifare l’Albiceleste diventa quasi istintivo. Se la partita tra croati e brasiliani metteva di fronte due scuole di calcio differenti ma sempre nate dalla stessa matrice della voglia di divertirsi, l’incontro tra Olanda e Argentina è un classico, al quinto scontro mondiale, sublimato dalla grottesca vittoria argentina al Mundial 78 a Buenos Aires, madre dell’attrito sportivo tra le due. La vigilia di questo match era stata ad alta tensione, come si conviene a una partita mondiale. Come era inevitabile la tensione durante una partita pregna di significati, nonché il finale. Ecco, il finale. O, meglio, i finali delle due partite, entrambe sublimate ai tiri dal dischetto. Il lungagnone Likavocic dopo aver ipnotizzato i samurai strega anche i brasiliani, quando Marquinhos timbra sul palo il rigore decisivo i compagni rincorrono il portiere della Dinamo Zagabria; sì, avete letto bene, lo rincorrono, perché Likavocic si fa beffe dei compagni, si fa celia di loro come uno scolaro innocente e dispettoso, un inno alla gioiosità e alla spensieratezza, quelli gli corrono incontro e lui fugge, piccolo Davide che ha fermato Golia vestito di verdeoro. Altra dimensione in quella partita che sgorga sentimenti contrastanti: la stesura e la dinamica sono differenti, il canovaccio della cronaca consegna all’epica un incontro che già di suo richiama nei temi, nella centralità e nelle sfumature la Storia. Parole grosse che volano, offese, risse da saloon, pallonate, provocazioni ordinarie e supplementari, doppio svantaggio recuperato in una manciata di minuti allungati (bellissimo!), finché alla fine dei rigori gli argentini corrono verso il portiere Damian Martinez, autore di autentiche prodezze, e verso Lautaro Martinez, goleador del penalty finale, ma non prima di avere sbeffeggiato i tulipani afflosciati, irridendoli come farebbe lo scolaro Franti, in un mix di reazione umana che abbraccia gioia, sofferenza, puerilità, dispetti e frustrazione. Ah, che bellezza il calcio. Che bellezza l’imprevedibilità della vita. Che bellezza Argentina-Olanda.

1 anno fa
Autore
Gian Luca Campagna

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