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Ed è nata una scuola noir a Latina?

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Tre autori che raccontano i fallimenti e i cambiamenti della loro città, un capoluogo di 130mila abitanti tra Roma eNapoli

La domanda è lecita. Ma è nata una scuola noir in salsa pontina? Se nell’Italia dei campanili furoreggia la voglia gialla e noir di raccontare vizi e virtù di casa nostra dal buco della serratura per poi renderli manifesti in piazza non fa eccezione la provincia di Latina, che nel tempo ha ‘regalato’ agli scrittori di casa spunti e riflessioni tradotti poi in romanzi. Attenzione, siamo nel classico del noir: raccontare le deformazioni della realtà e della cronaca, con gli usi e costumi locali, ma attraverso l’arte della fiction e della narrativa, in modo da avere una libertà di manovra ampia in nome della libertà di scrittura propria del romanzo. E Latina non fa eccezione, questa città di 130mila anime schiacciata tra Roma e Napoli, fagocitata dall'aria metropolitana, è stata squassata negli anni da scandali, sparatorie, arresti eccellenti, lotte criminali, fallimenti aziendali e sportivi, che ne hanno dilaniato l'anima, fino a creare quasi una scuola di narrativa dura, emozionale, diretta. 

Così capita che in un solo giorno, tra l’altro venerdì 17, alle ore 17.30, presso il giardino del ristorante Sugo, in via San Carlo da Sezze a Latina, ci siano due autori nati e vissuti nel capoluogo presentati da un altro scrittore latinense (più una scrittrice campana). Gian Luca Campagna (classe 1970), che qui in provincia pontina creò quel festival noto in tutta Italia chiamato ‘Giallolatino’, quattordici edizioni prima del Covid, e Alessandro Vizzino (classe 1971) presenteranno i loro romanzi, rispettivamente ‘Mediterraneo nero’ e ‘La zanzara dagli occhi di vetro’, entrambi per la collana Giungla Gialla di Mursia, stimolati da Giorgio Bastonini (classe 1961), stavolta nelle vesti di moderatore, ma autore con Mondadori de ‘Uno strano pubblico ministero’. Accanto a loro Letizia Vicidomini, autrice sempre nella collana Giungla Gialla de ‘La ragazzina ragno’. Insomma, ce n’è abbastanza per parlare della nascita di una scuola noir di Latina, considerato poi che nelle architetture narrative gli scrittori inseriscono scene e quadri del capoluogo pontino.

“Non so se tutto è nato attorno a Giallolatino, di certo quel festival ha dato la chance a tanti della zona di esprimersi e di farsi conoscere –dice Gian Luca Campagna-. Io dopo un po’ invece ho capito che il mio destino non doveva essere legato a promuovere gli altri ma a spingere me stesso, così mi sono concentrato sui miei romanzi e sui miei personaggi oltre che sulle mie aspirazioni. Latina per me resta una città irrisolta, anaffettiva e col futuro dietro le spalle, questo rapporto conflittuale di odio e amore lo esprimo con il mio stile diretto e senza miele in ‘Mediterraneo nero’ parlando delle tante occasioni mancate della seconda città del Lazio quando il protagonista si trova di passaggio a investigare proprio lungo il litorale, che resta un simbolo totemico dei fallimenti di una città che arranca e che ha cominciato una vertiginosa discesa verso l’anestesia di un autentico sentimento collettivo”.

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“I miei romanzi sono ambientati a Latina –racconta Giorgio Bastonini, che però venerdì 17 sarà calato nelle vesti di moderatore-. Mi è parso naturale collocare le indagini del pm Paolo Santarelli nella città in cui vivo ma non mi sono mai chiesto quali possano essere state le motivazioni. Ed ora, ripensandoci, se torno a quando ho iniziato a scrivere (il 2014) la fotografia di Latina era impietosa: crisi economica, politica del malaffare, delinquenza dilagante e arrogante da parte del Clan; solo il Latina Calcio sembrava rappresentare al meglio la città. Ebbene, credo di aver voluto descrivere Latina con i suoi difetti volendo nel contempo dipingere un orizzonte positivo, di speranza”.

“Senza voler toccare a tutti i costi i massimi sistemi, poiché la narrativa è anche (o soprattutto) evasione, credo che “La zanzara dagli occhi di vetro” rappresenti, oltre che una triste fotografia del reale, una novità in campo letterario per diversi aspetti: un protagonista che si discosta nettamente dai tradizionali stereotipi del genere narrativo, sempre un po’ uguali a se stessi –dice Alessandro Vizzino-; una scrittura che, seppur immediata, si solleva da quegli standard di appiattimento e omologazione che l’editoria attuale pretende, non solo nel genere giallo/noir; un duplice punto di vista narrativo che aumenta un ritmo già elevato di suo. Latina che cos’è per me? Una città. Lo so, è banale. Una città fra tante. Perché in fondo nessuno di noi viene al mondo scegliendosi un luogo o uno stato sociale, e questo fa del campanilismo, a mio avviso, una delle tante sciocchezze partorite dall’umana debolezza o, se vogliamo, dall’umana mancanza di costante lucidità nell’affrontare i diversi aspetti dell’esistenza. Tuttavia, è anche la città in cui sono cresciuto, a cui si legano i miei ricordi di bambino e di ragazzo, oltre a quelli attuali. In un certo qual modo, quindi, pur non confutando quanto detto fin qui, è comunque la mia città. Non l’ho scelta, però, e dunque non la amo e non la odio, ma la vivo soltanto per quello che è: il casuale scrigno che custodisce la maggior parte delle mie memorie”.

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Se si nomina Latina, qual è il primo ricordo che affiora in voi? “Piazza del Popolo in estate appartiene al flusso dei ricordi immediati al pari di un litorale ancora selvaggio che apparteneva alla passeggiata domenicale coi genitori o alle biciclettate quando ero adolescente –racconta Campagna-. La piazza, così metafisica, si animava nella sua monumentalità e diventava respingente, ostile, inumana, con quel caldo asfissiante che mi ricorda ancora oggi i film di Bunuel. Invece ho sempre amato la parte selvaggia dei canali, della macchia mediterranea e del litorale: quei luoghi li ho sempre avvertiti come un concentrato di mosaico di genti così diverse ma che convergevano con le loro storie così differenti in una stessa location, quasi casuale, come se fossero attori non protagonisti delle proprie vite. Un territorio che s’affaccia al mare ma non ha un porto resta un territorio strozzato, così immaginavo le vite di quelle persone che restano sulle banchine e non partono, indecise se inseguire i loro sogni o accontentarsi di vegetare in una bolla che loro scambiano per comfort-zone”.

“Se devo scegliere solo un ricordo che possa in qualche modo rappresentarli tutti, i miei anni di gioventù sui muretti dell’Opera Balilla, in Piazza San Marco –ricorda Vizzino-; giorni, sere e notti in cui dentro c’era tutto, dall’amicizia pura ai sogni magari sfumati col tempo, dalle cotte di un momento alle gelosie sfrenate di un’età ancora acerba, fino ad arrivare a quella sensazione d’immortalità che pervade i giovani e che fa della gioventù stessa, quindi, il periodo più “epico” e indimenticabile della nostra vita”.

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“Per me Latina rappresenta la città che mi ha fatto crescere e credo che nessuna città nel mondo abbia potuto regalare a un suo abitante uno sviluppo (urbanistico, sociale, problematico) così rapido –dice Bastonini-. Ho visto svilupparsi Latina, quartiere dopo quartiere, ho sentito nuovi dialetti per le strade, sono stato travolto da nuovi posti dove divertirsi, nuovi negozi, nuovi abitanti. Non so se è stato bello ma sicuramente è stato stimolante. Quando si dice Latina, soprattutto quando se ne parla con i miei conoscenti in varie parti d’Italia, mi viene in mente l’impossibilità che possano capire. E allora provo a spiegare: è una città giovane che fino a pochi decenni fa veniva negata per un asserito peccato originale, che poi è esplosa, che mi fa incazzare e inorgoglire”.

1 anno fa
Foto: pixabay
Autore
Giada Giacometti

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